FECONDITÀ |
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Fecondità è la capacità di far nascere qualcosa
apparentemente dal nulla, e soprattutto di prendersene cura affinché ciò che
nasce possa crescere e svilupparsi. Che si tratti di un bambino, di cui
sarà necessario occuparsi sia nel fisico che nell’anima, o di una persona
esteriormente adulta (ma non ancora matura), oppure di una pianta, poco
cambia. E’ il desiderio di creare bene, gioia, felicità, bellezza e
tutto quanto contribuisca alla crescita e all'evoluzione.
Su un altro piano, fecondità è la capacità di
generare buoni pensieri e di farli fiorire in modo corretto; è
l'attenzione e la cura verso i movimenti di pensiero umani, insieme
all’impegno per correggere i danni già fatti e per riportare le cose
alla loro integrità originaria. |
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Fecondare significa deporre nella mente dell'essere
umano un pensiero positivo, che porti in direzioni completamente
diverse da quelle in cui la maggior parte di noi sta andando. Significa
immettere nella coscienza collettiva i semi di un rinnovamento che
germogli nei singoli uomini e cresca nel giardino della terra.
I danni che l'uomo di oggi sta compiendo sono
dovuti soprattutto alla sua sterilità mentale. La scienza e la
religione, che producono i movimenti più consistenti della società, non
sono protese a fecondare e quindi a generare buoni pensieri, gesti
consapevoli ed esiti felici. La scienza è tutta volta a sezionare cose
ed esseri, a cominciare dalla mente umana, e ciò che è sezionato e
diviso non è certamente fecondo. Ecco perché la scienza di oggi genera
solo mostri. La religione è invece del tutto immobile, resa sterile dal
suo arroccamento in idee antiquate e dannose che servono la convenienza
personale e l'avidità. |
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Nella cultura corrente, ci si riferisce alla
fecondità unicamente come alla capacità di generare dei figli. Ci viene
insegnato fin dall’infanzia che l’aspirazione più grande di una donna
dev’essere quella di mettere al mondo dei pargoli, e se disgraziatamente
questo non avviene la donna si sente in genere inutile, vuota, fallita.
Addirittura la Chiesa cattolica considera nullo un matrimonio che non
sia stato celebrato con l’intento di procreare.
Grazie a questa scellerata educazione, è raro che
siamo sfiorati dall’idea che non tutte le donne – né tutti gli uomini –
siano adatti ad avere figli e a tirarli su. Così ci ritroviamo spesso
con madri e padri inadeguati o addirittura folli, con figli infelici e
incapaci di affrontare la vita.
Allo stesso tempo, per molti è difficile accettare
il fatto che non vi sia alcuna differenza tra l’avere un figlio e il
prendersi cura di un bambino qualsiasi, magari adottandolo. Eppure il
grembo fisico è un tutt’uno col grembo psicologico e mentale; e la
fecondità non è tanto quella del corpo quanto quella della mente e del
cuore. La vera fecondità e la vera generazione si basano sulla capacità
di accogliere un’altra creatura, di sentirla propria, di impegnarsi in
qualche modo per vederla crescere armoniosamente.
Quanto sarebbe diversa la società umana se fossimo
capaci di riconoscere che ogni bambino del mondo è nostro figlio! Invece
succede spesso che le madri si sentano completamente appagate nel
dedicarsi alla “loro” creatura, dimenticandosi di tutte le altre. |
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Forse sarebbe saggio chiedersi se, nell’incapacità
di concepire fisicamente, non si nasconda talvolta un messaggio
importante... o una missione particolare. Una missione che non deve
sfociare per forza nel desiderio di andare in capo al mondo per fare
chissà che cosa (i desideri impossibili nascondono spesso la
giustificazione all’immobilismo), ma che dovrebbe spingerci a valutare
il nostro modo di guardare gli esseri viventi – tutti.
C’è chi viene chiamato a provvedere materialmente
ad altre creature; ma una mano tesa, un sorriso, un gesto di benevolenza
rientrano nelle possibilità di chiunque. In fondo ciò che più manca a
chi ha bisogno è proprio un sorriso: perché è ciò che lo fa sentire
considerato. Lo fa sentire un essere umano, e non il solito disgraziato
a cui mettere in mano un euro per un panino.
La capacità di offrire un sorriso, se spontaneo e
nato dal cuore, è il fondamento della fecondità. Un dono in apparenza
banale o poco efficace... ma non siamo in grado di sapere che tracce
lascerà in chi lo riceve. Perché al digiuno e alla povertà si può fare
l’abitudine, ma alla mancanza d’amore e di considerazione non ci si
abitua mai. |
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Di solito le nostre elemosine, di qualunque natura
siano, sono accompagnate da un pensiero di commiserazione. Mai d’amore.
A chi spetta dunque il compito di dare l’amore che manca? Forse proprio
a chi non può provvedere sotto altri punti di vista. Un gesto fecondo
vale più di una grossa cifra. I soldi si consumano, ma il ricordo di un
sorriso caldo rimane per anni. E non importa se non sapremo mai cosa
abbiamo generato con quel sorriso.
Maria Antonietta
Pirrigheddu
08.04.12 |
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